Sono giornalista pubblicista e mi occupo di ricerca storica, con particolare interesse per la cultura e le tradizioni della Maremma. Laureata in Scienze Politiche e in Storia Moderna, ho completato il corso quadriennale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e proseguo gli studi teologici. Comunicatrice ambientale dal 1998, ho partecipato alla pubblicazione di guide turistiche della provincia di Grosseto. Collaboro con il mensile Maremma Magazine, un periodico di informazioni turistiche e culturali, e dirigo Val d' Orcia Terra d’eccellenza, una rivista che si occupa di arte, cultura e benessere nella valle senese patrimonio dell’UNESCO. Ho curato i testi dell’opuscolo informativo -Un Ministero per l'Ambiente- del Ministero dell'Ambiente.

Abolizione dell'Estatatura


“Estatatura! Peccato! Se la spece umana avesse più logica e più coscenza, non solo il fatto ma la parola stessa sarebbe a quest’ora cassata  dal vocabolario maremmano poiché sarebbero cessate le cause”.
Questo grido contro l’antica usanza grossetana di trasferire i suoi uffici pubblici a Scansano ad ogni inizio estate, fu elevato dalle colonne de “L’Ombrone” nel 1873, ma il provvedimento legislativo che poneva fine alla pratica dell’estatatura fu approvato soltanto ventiquattro anni dopo.
In mezzo anni di sacrifici e lamentele, umiliazioni e amarezze, e appassionati tentativi da parte di voci isolate per dimostrare che Grosseto era città vivibile anche in estate.
“Fra poco gli uffici pubblici partiranno col lungo seguito di casse e barrocci per la loro residenza estiva e silenziose e mute rimarranno le vie della nostra città”: ecco un malinconico annuncio di un foglio locale, che pare rassegnarsi all’ineluttabile.
In realtà era molto difficile sradicare una prassi che si ripeteva immutata da diverse centinaia di anni, pur con disagi e… controindicazioni di ogni genere.
Tutti, infatti, traevano svantaggio dal persistere dell’estatatura, a partire dagli uffici pubblici, il trasferimento dei quali creava intralcio al normale svolgersi delle attività quotidiane, senza contare che per alcuni, per esempio la Pretura, il periodo estivo era quello di maggiore fermento per la presenza massiccia di molti forestieri, per lo più braccianti che si riversavano in Maremma per le “faccende campestri” e che spesso erano protagonisti di numerose e frequenti controversie, che erano di competenza del Pretore.
Inoltre “La emigrazione estiva… estende la sua letifera influenza anche sulla pubblica istruzione, … infatti appena che si entra in giugno… le scuole sono abbandonate dagli alunni, poiché le famiglie loro li involano inesorabilmente” e in questa “smania di fuga” molti degli studenti che avevano frequentato le scuole non sostenevano neppure l’esame di fine anno, senza contare il danno che le “giovani menti” riportavano in termini di profitto per l’interruzione precoce delle lezioni.
Anche per gli insegnanti si verificava un grave problema, dal momento che il persistere della pratica di trasferimento estivo faceva intuire una situazione di pericolo più grave di quello reale, per cui molti rifiutavano i posti disponibili in Maremma, al punto che alcuni concorsi andavano deserti.
Senza contare che per chi rimaneva in città, costretto a stare nell’ozio per la mancanza di commissioni, si apriva la voragine del decadimento… morale, infatti come tutti sanno l’ozio è il padre dei vizi.
Anche i “pubblicisti” dei giornali locali temevano l’imminente svuotamento della città, consapevoli che con il diminuire degli abitanti avrebbero potuto disporre di ben poche notizie appetibili da scrivere nei loro fogli. Così “L’Ombrone” lamenta l’avvicinarsi della “solita estatatura”, promettendo comunque ai suoi lettori “di starsene impavido al proprio posto riempiendo come meglio potrà le proprie colonne”.
L’estatatura, infine, oltre a danneggiare la reputazione di Grosseto e della Maremma, costava annualmente allo Stato una somma che oscillava tra le quaranta e le cinquantamila lire, che sommata al danno in termini di sicurezza e di efficienza, e al disagio per gli spostamenti non certo comodi che tutti erano costretti ad affrontare per sistemare i propri affari, era un prezzo davvero troppo alto da pagare.
Se è vero che “sono gli abitanti che fanno fiorire il loro paese”, la fioritura di Grosseto fu senza dubbio merito della tenacia, se non della caparbietà, dei suoi abitanti che difesero a testa alta la loro città, aiutati da alcuni tra loro che, favoriti dalla loro posizione sociale, “incoraggiarono” un po’ gli eventi.
Nel febbraio 1896, in vista dell’imminente inaugurazione dell’acquedotto grossetano, si era costituito un Comitato per i festeggiamenti che, promosso da alcuni cittadini convinti che la distribuzione dell’acqua potabile attraverso le condutture rappresentasse la “rinascita igienica ed economica della Maremma” e fosse il presupposto per una vita più sana in città anche durante il periodo estivo, si pose come priorità l’impegno per l’abolizione dell’estatatura ufficiale. La prima iniziativa fu quella di chiedere a tutti i comuni della provincia di aderire all’istanza del capoluogo attraverso deliberazioni dei loro consigli comunali. Nel maggio dello stesso anno una delegazione maremmana si recò a Roma, dove fu ricevuta dall’onorevole Di Rudinì, Presidente del Consiglio dei Ministri, il cui intervento “ fu breve, ed alla Commissione Provinciale che gli portava il voto dei Grossetani e della intiera provincia chiedente l’abolizione rispose: Dal momento che lo volete nessun Ministero può opporsi.
Poche parole che arrivarono al cuore di tutti i Maremmani”.
Una certa diffidenza serpeggiava nell’aria, perché si faceva un gran parlare dell’abolizione dell’estatatura ma, benché lo stesso Di Rudinì avesse assicurato che il progetto ad essa relativo era già pronto e che sarebbe stato discusso alla riapertura delle Camere, alla fine di settembre 1896 mancava ancora l’atto legislativo che ne avrebbe decretato la fine.
La stampa cercava di rassicurare gli animi sulla veridicità delle promesse fatte dai politici, portando a dimostrazione della loro buona fede il fatto che al termine dell’estatatura di quell’anno si erano disdetti i locali affittati a Scansano per il periodo estivo ed erano state date disposizioni per alienare o trasportare il mobilio il che, a meno che non si volesse  “far passeggiare dei mobili”, stava a dimostrare che “le promesse fatte saranno senza fallo mantenute”.
La relazione sul progetto di legge per l’abolizione dell’estatatura fu presentata al Parlamento il 4 giugno 1897 con l’assicurazione che Socci l’avrebbe sostenuta “con tutto l’ardore che Egli pone in ogni causa buona”.
Non a caso quando l’allora sindaco Ponticelli annunciò l’avvenuta abolizione dell’estatatura un consigliere propose di nominare cittadino grossetano l’onorevole Socci “che con verace affetto di figlio spese tutta la sua attività, il suo potente ingegno, le sue numerose ed alte aderenze perché giustizia fosse resa.”.
La proposta, manco a dirlo, fu approvata per acclamazione, e il Consiglio deliberò che “il nome di Ettore Socci, deputato del Collegio di Grosseto, sia iscritto nell’Albo dei Cittadini Grossetani”.
Ma il provvedimento emesso a favore di Grosseto, che cancellava “il marchio che la segnalava sinistramente fra le sue consorelle” non fu ottenuto senza polemiche. Molti dibattiti si seguirono sui giornali locali, il più grave dei quali quello scatenato da un articolo comparso nel maggio 1896 su “La Nazione” e firmato da un oscuro redattore che si firmava con lo pseudonimo “Ego”, poi rivelatosi essere l’avvocato Arturo Pallini, che aveva polemicamente messo in dubbio l’onestà politica dei rappresentanti del Comitato stesso. Tra il Pallini e Luigi Cortesi, uno dei membri del Comitato per l’abolizione dell’estatatura, volarono parole grosse, e allo scambio di ingiurie partecipò anche Giuseppe Benci, che dalle colonne di “Etruria Nuova” aveva appoggiato le dichiarazioni di Cortesi, mettendoci anche qualcosa di suo. Ne nacque una doppia vertenza che, non potendo per il buon nome degli interessati essere composta in maniera pacifica, fu sanata non a colpi di carta bollata, ma di… sciabola. I duelli “senza esclusione di colpi”, si svolsero l’11 e il 12 giugno a Grosseto, il primo tra Luigi Cortesi e Arturo Pallini, l’altro tra lo stesso Pallini e Giuseppe Benci. Tutti ne uscirono con diverse ferite al corpo, ma non all’onore, che concordemente dichiararono soddisfatto in pieno. Una… cavalleresca stretta di mano sancì l’esaurimento immediato della vertenza.
Circa una settimana dopo fu discussa la legge, che entrò in vigore il 20 luglio 1897.   
I festeggiamenti iniziarono immediatamente: “Come per incanto le vie della città si popolarono, a tutte le finestre sventolavano le bandiere… la città fu vagamente illuminata… le vie della città rimasero illuminate ed animate fino a tardissima ora, poscia si calmarono i rumori e gli entusiasmi. Grosseto uscì tranquillamente come vi era entrata, dal periodo di entusiasmo per tornare alla calma e al lavoro per le conquiste future”. Come dire: l’estatatura è morta, viva Grosseto!

Pubblicato su Maremma Magazine
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