Sono giornalista pubblicista e mi occupo di ricerca storica, con particolare interesse per la cultura e le tradizioni della Maremma. Laureata in Scienze Politiche e in Storia Moderna, ho completato il corso quadriennale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e proseguo gli studi teologici. Comunicatrice ambientale dal 1998, ho partecipato alla pubblicazione di guide turistiche della provincia di Grosseto. Collaboro con il mensile Maremma Magazine, un periodico di informazioni turistiche e culturali, e dirigo Val d' Orcia Terra d’eccellenza, una rivista che si occupa di arte, cultura e benessere nella valle senese patrimonio dell’UNESCO. Ho curato i testi dell’opuscolo informativo -Un Ministero per l'Ambiente- del Ministero dell'Ambiente.

Ebrei in Maremma


Si è svolta il 16 febbraio scorso, nella Sala consiliare della Provincia di Grosseto la presentazione del libro “Ebrei in Toscana tra occupazione e RSI”.
L’iniziativa fa parte del calendario “La Memoria della Shoah”, organizzato dall’ISGREC e dalla Provincia di Grosseto, in collaborazione col Comune di Grosseto e con il Patrocinio della Comunità Ebraica di Livorno.
Quella di Grosseto è la prima presentazione “vera” del libro, perché a Prato nel giorno della memoria era stato illustrato il materiale relativo a questo lavoro e non l’opera stampata.
Curatore dei volumi, uno per la parte documentale, l’altro per la ricostruzione storica, il prof. Enzo Collotti, un’autorità riguardo alla storia dei fascismi in Europa, alla resistenza e agli ebrei.
Per Adolfo Turbanti, presidente dell’IGREC, questo è il modo più consono di ricordare quel periodo di persecuzione e onorare la memoria delle vittime, ma anche  di condannare quei regimi che avallarono quelle persecuzioni.
Anche il Sindaco di Grosseto Bonifazi interviene sottolineando la validità degli studi dell’Istituto sulle varie tematiche legate alla resistenza e agli ebrei e l’estrema importanza di far uscire alla luce eventi poco noti che hanno fatto la nostra storia.
Bonifazi ha anche voluto ribadire il forte rapporto con Regione e Provincia e la volontà da parte del Comune di fornire, per il futuro, un più notevole contributo per rafforzare i legami con l’Istituto stesso.
Anche Cinzia Tacconi, assessore alla Cultura della Provincia, plaude a questo ulteriore approfondimento della nostra storia, utile anche per evitare che ciò che è accaduto possa verificarsi di nuovo.
Michele Luzzati dell’Università di Pisa, Direttore del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici, evidenzia l’importanza di una simile iniziativa perché serve a far luce su ciò che è accaduto in quegli anni, ma anche a capire il punto di partenza della nostra Repubblica, i percorsi fatti e quelli che si potevano fare.
Enzo Collotti interviene sulla fatica e l’importanza del lavoro svolto, constatando come questo sia un terreno inesplorato dal punto di vista scientifico, sia storiografico che archivistico.
Negli archivi, infatti, il materiale era intatto, segno che ai molti documenti conservati in Italia non corrisponde una adeguata attività di ricerca storica.
Tutte le fonti hanno mostrato chiaramente per gli anni 1938-1943 elementi di discontinuità, per quanto riguarda l’intervento delle forze di occupazione tedesca e della Repubblica Sociale, ma anche di continuità nell’allestimento di un apparato di idee e strumenti da parte del regime fascista che la memoria comune tende a celare, attribuendo solo ai tedeschi tutte le responsabilità. Collotti puntualizza che il razzismo fascista non è un derivato di quello tedesco, ma nasce invece tra le pieghe della vecchia tradizione culturale italiana del nazionalismo, antiebraico e antigiudaico e già intorno al 1936 si arriva a fissare nel costume e nella cultura italiana una serie di principi razzisti, culminati poi con la legislazione del 1938.
Così nel 1943 l’idea che gli ebrei dovessero e potessero essere perseguitati era già metabolizzata dal fascismo e dalla gente.
In pratica gli eventi verificatisi dopo l’armistizio non furono altro che la naturale conclusione di un lavoro avviato durante il regime.
L’indagine inizia con una “geografia della persecuzione” a Firenze, che insieme alle zone interne della lucchesia vide la più alta concentrazione di perseguitati, nella Toscana settentrionale e nella Toscana meridionale, curata quest’ultima da Luciana Rocchi e comprendente Grosseto e Siena.
Nella seconda parte: aiuto e salvataggio ai perseguitati, non solo la sorte dei morti, ma anche di coloro che si sono salvati, in una ricerca quasi nominativa.
Resta fuori dalla ricerca la questione del comportamento generale della popolazione civile in questo frangente, come rimane aperto il capitolo della parte documentaria
“Dopo la liberazione” e l’atteggiamento della Chiesa, che pure partecipò all’organizzazione dei soccorsi verso settori diversi della popolazione, sfollati e perseguitati, per quanto la gamma di atteggiamenti del clero fosse molto variegata.
Sulle fonti utilizzate sono intervenute, oltre a Luciana Rocchi, le altre autrici dei saggi, Marta Baiardi, Valeria Galimi e  Francesca Cavarocchi. Quest’ultima in particolare si è soffermata sulle fonti: documenti archivistici e testimonianze, diverse a seconda del periodo in cui sono state raccolte.
Del resto la costruzione di una memoria comune non poteva essere cosa semplice, se è vero, come è vero, che avere contribuito alla persecuzione e deportazione degli ebrei per la neonata repubblica italiana non era reato.
Dopo la liberazione le istituzioni se la cavarono con un… modulo da riempire. Il Prefetto di Grosseto, nel trarre le conclusioni alla fine del questionario, scrisse che a Grosseto “non c’è stato niente di grave”. 

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