Sono giornalista pubblicista e mi occupo di ricerca storica, con particolare interesse per la cultura e le tradizioni della Maremma. Laureata in Scienze Politiche e in Storia Moderna, ho completato il corso quadriennale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e proseguo gli studi teologici. Comunicatrice ambientale dal 1998, ho partecipato alla pubblicazione di guide turistiche della provincia di Grosseto. Collaboro con il mensile Maremma Magazine, un periodico di informazioni turistiche e culturali, e dirigo Val d' Orcia Terra d’eccellenza, una rivista che si occupa di arte, cultura e benessere nella valle senese patrimonio dell’UNESCO. Ho curato i testi dell’opuscolo informativo -Un Ministero per l'Ambiente- del Ministero dell'Ambiente.

“Giochi e Passatempi dei ragazzi di ieri” di Giustarini


Il volume di Alessandro Giustarini, “Giochi e passatempi dei ragazzi di ieri”, già pubblicato nel 1984 (L’Impronta, Grosseto), è stato di nuovo stampato alla fine del 2009 per i tipi della Casa Editrice Arca di Grosseto.
Si tratta di un agile e dettagliato “manuale” per conoscere e apprezzare una grande varietà di piccoli e improvvisati giocattoli utilizzati dai bambini di un tempo che fu.   
Il volume si articola in tre sezioni, che corrispondono alla classificazione degli oggetti presi in esame. La distinzione è effettuata sulla base dei diversi tipi di materiali utilizzati, per cui abbiamo giochi confezionati con materie naturali, quelli ricavati dalla manipolazione di dispositivi di uso comune e altri ancora realizzati appositamente da artigiani.
Ogni spiegazione del giocattolo, e del gioco ad esso relativo, è corredata da un disegno del giocattolo stesso e da un’immagine fotografica che illustra il gioco. 
Questa seconda edizione ha una veste grafica rinnovata ed è stata impreziosita da foto tratte dall’archivio Giustarini.
L’autore, nato nel 1947 a Santa Caterina, frazione di Roccalbegna (Grosseto), e prematuramente scomparso nel 2006, è stato fin dagli anni giovanili un capace e appassionato studioso delle tradizioni popolari della terra maremmana e un raffinato ricercatore antropologico.
Amico e collaboratore di un altro famoso antropologo grossetano, Roberto Ferretti, ha contribuito, negli anni settanta, alla creazione dell’Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma Grossetana, ormai divenuto un’importante realtà istituzionale del Comune di Grosseto. Verso la metà degli anni ottanta ha curato l’allestimento del Museo Etnografico di Santa Caterina, incentrato sulla tradizione culturale amiatina e dell’Alta Valle dell’Albegna, con uno spazio riservato a Davide Lazzaretti.
La sua attività di ricercatore instancabile ha prodotto un numero davvero notevole di pubblicazioni a suo nome su personaggi, luoghi, usanze e feste rituali della Maremma grossetana, che spaziano in tutta l’area provinciale, seppure con una preponderante presenza di lavori dedicati a Roccalbegna e ai paesi dell’Amiata. Tutta l’opera di Giustarini dimostra il suo forte attaccamento, l’amore viscerale che lo univa alla sua terra d’origine.
Una terra feconda, a quanto pare, dal momento che annovera tra i suoi frutti migliori un altro grande ricercatore e osservatore delle tradizioni popolari, Morbello Vergari, di cui Alessandro era amico.
Questo forte legame col territorio ha permesso all’autore di entrare con più consapevolezza e con più determinazione all’interno del tessuto sociale e di analizzarlo con più precisione.
Intensa anche l’attività di collaborazione, che ha svolto, tra gli altri, con Corrado Barontini, Nanni Vergari e con l’Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma Grossetana. Numerosi anche i suoi interventi come curatore di cataloghi di mostre e atti di convegni.
Per nulla trascurabile, infine, la sua attività di fotografo, un ulteriore segno della sua grande capacità di documentare la vitalità delle sue ricerche, raccogliendo non solo voci e notizie, ma anche immagini e volti. I suoi preziosi scatti hanno prodotto, come si legge nel risvolto di copertina, “una consistente raccolta fotografica che è in corso di catalogazione e  pubblicazione”.

Il tema scelto per quest’opera è senza dubbio affascinante e ha una sua intrinseca profondità, in quanto l’attività ludica, che per sua stessa definizione può apparire inutile, è invece fondamentale nella formazione di una persona e, pur nella sua apparente insensatezza, svolge l’importante funzione di mettere in relazione con il mondo reale: per capirlo e interpretarlo, riproducendone il castello di norme comportamentali, fatto di concessioni  e divieti, ma anche per superarlo, inoltrandosi nei sentieri della fantasia, in quella dimensione fuori dallo spazio e dal tempo, in cui tutto è possibile.
È un momento di crescita psicologica ed emotiva, un aspetto irrinunciabile per lo sviluppo di un bambino che si prepara a diventare grande.
Ludovica Scarpa, docente di Antropologia Culturale all’Università IUAV di Venezia, in una nota alla presente edizione sostiene che la predisposizione al gioco, presente anche negli animali, assume un rilievo particolare nell’uomo, che ha la singolare capacità di guardare un oggetto, slegarlo con l’immaginazione dal suo uso normale e reinventarlo, creando qualcosa di diverso e unico. “… e questo lo sanno fare solo quelle creature straordinarie che sono gli esseri umani”.
Con il libro sui giochi del passato e attraverso le “immagini di vita raccolte nel territorio” Giustarini ha voluto dare un taglio particolare alla sua ricerca antropologica.
Il punto di osservazione scelto dall’autore per interpretare il territorio offre, infatti, una prospettiva insolita da cui guardare sia la vita e lo sviluppo di una comunità che la sua condizione sociale, culturale ed economica.
E questo è ancor più vero se l’indagine è compiuta, come in questo caso, dall’interno del luogo preso in considerazione, che in questo caso è Santa Caterina, zona nella quale è stata effettuata la raccolta del materiale.
Un lavoro in cui sono stati coinvolti anche gli anziani e i ragazzi del posto: i primi per indicare materiali e metodi per ricostruire i modelli, gli altri per… giocarci.

Al di là del significato antropologico del giocare, che di certo non sarà l’attrattiva principale per i ragazzi ai quali è caldamente rivolto questo volume, emerge un valore che non è solo genericamente culturale, ma coinvolge piuttosto la sfera affettiva ed emotiva. I ragazzi che lo leggeranno potranno guardare il mondo com’era e vedere uno spaccato della realtà vissuta dai loro nonni; potranno restare stupiti e forse incantati nell’apprendere di un mondo che, seppure vicino per numero di anni trascorsi, apparirà loro lontanissimo.
Infatti coloro che sono nati negli ultimi venticinque, trent’anni, e a maggior ragione quelli ancora più giovani, venuti su a giochi elettronici e computer, non hanno mai “ruzzato” con un rocchetto, perché in casa di rocchetti se ne vedono ben pochi, né con lo schioppo di sambuco, ché questa pianta sul balcone cresce male. E di certo le bimbe non perdono tempo a realizzare “monachine” con le corolle dei papaveri che, oltre ad essere raramente reperibili, macchiano le dita, né si sognerebbero di mollare la Barbie per trastullarsi con una bambola di lana, con i fili che si impigliano di qua e di là.
Nessun giudizio di merito, naturalmente. Il mondo è in continua evoluzione e guai se si fermasse. Cambiano le risorse materiali e culturali e cambiano anche le abitudini. Ed è giusto così.
Ma il gioco rimane sempre un punto di vista importante: osservare i passatempi dei bambini e degli adolescenti, di quelli che hanno la grazia di poter giocare, significa ancora capire il luogo e il tempo della loro vita. Ogni epoca, infatti, ha i suoi divertimenti e le sue regole, comunque valide per affrontare quel serio e impegnativo compito che è il gioco.

Pubblicato su Maremma Magazine
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